Fondi europei: obiettivo convergenza mancato, la chiave è il lavoro

 

Fondi europei - Photo credit: Foto di NakNakNak da PixabayI fondi europei della Politica di Coesione non hanno avvicinato l'Italia, e soprattutto il Mezzogiorno, al livello di reddito medio UE. E in assenza di interventi in materia di occupazione e produttività del lavoro, rileva l'Istat, la forbice tra Nord e Sud e tra Italia e resto d'Europa rischia di allargarsi.

PNRR e Coesione non bastano a ridurre il divario Nord-Sud

I dati statistici su cui si basa il rapporto pubblicato dall'Istat il 13 giugno sono quelli relativi alle ultime tre programmazioni della Politica di coesione europea, quindi i cicli 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020 dei fondi strutturali.

Un orizzonte ventennale nel corso del quale alcuni paesi, in particolare gli Stati membri dell'Europa orientale che partivano da livelli più bassi di reddito, hanno in parte ridotto il gap con la media europea. E in cui sono cresciute anche alcune regioni economicamente avanzate, soprattutto in Belgio, Danimarca, Irlanda e Germania, che l'Istat classifica come 'super stars', perchè capaci di realizzare tassi di crescita del Pil pro capite a parità di potere di acquisto superiori alla media UE.

Le regioni meno sviluppate in Italia, ma anche in Grecia, Francia e Spagna, invece, non hanno sperimentato un processo di convergenza, continuando a crescere molto meno della media UE a 27. Non solo, anche il resto del paese si è allontanato progressivamente dalla media europea, con le regioni economicamente avanzate cresciute con tassi modesti, insufficienti per agganciare le locomotive europee e trainare la crescita anche nel resto dell’Italia. Così, se nel 2000 dieci regioni italiane erano posizionate fra le prime 50 per Pil pro capite e nessuna fra le ultime 50, nel 2021 solo quattro (Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, Lombardia, Provincia autonoma di Trento e Valle d’Aosta/Vallée d'Aoste) mantenevano la posizione fra le prime 50 e ben quattro (Puglia, Campania, Sicilia e Calabria) risultavano in fondo alla classifica.

La proiezione al 2030, anche tenendo conto dell'impatto dell'invecchiamento della popolazione, vede questo divario allargarsi in tutta Italia e soprattutto al Sud. A meno che non si intervenga su due fattori chiave: l'occupazione, che nelle regioni meno sviluppate italiane rimane inferiore di oltre 20 punti percentuali rispetto alla media UE a 27 e oltre 10 punti sotto al dato medio italiano, e la produttività del lavoro, calata nel corso dell’ultimo ciclo di programmazione 2014-2020 attestandosi sotto la media UE a 27 di 9 punti percentuali.

Fattori su cui insistono, rispettivamente, il Fondo sociale europeo (FSE) e il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), fondi europei che in questi anni non sono mancati all'Italia, sempre tra i principali beneficiari della Politica di Coesione, e soprattutto alle regioni italiane con Pil pro capite inferiore al 75% della media UE, quelle cioè dell'Obiettivo 1, poi Convergenza nel settennato 2007-2013 e infine definite meno sviluppate nei cicli 2014-2020 e 2021-2027.

Al di là delle preoccupazioni sull'andamento dei programmi e la capacità di assorbimento dei fondi europei, torna quindi il tema cruciale dell'efficacia della spesa, già al centro di numerosi rilievi, dall'ottava relazione sulla Politica di Coesione, pubblicata nel febbraio 2022 dalla Commissione europea, alla relazione sulle Politiche di coesione 2014-2020 presentata dal ministro Fitto a febbraio di quest'anno, fino al rapporto sul PNRR pubblicato a marzo dalla Corte dei Conti, che rileva per il Sud il permanere di condizioni di svantaggio con riferimento a tutti gli indicatori sia economici che sociali.

Il rapporto Istat fornisce, però, anche un'indicazione di policy. Pur con il trend demografico al momento prevedibile, un incremento dell’occupazione delle regioni italiane fino al tasso europeo innalzerebbe il livello di Pil pro capite “al punto che, nel 2030, nessuna regione rientrerebbe più tra le 'meno sviluppate'; conseguentemente si amplierebbe la platea di quelle “in transizione” (con il Pil pro capite fra il 75% e il 100%), segno di ripresa del processo di convergenza”. Un risultato che, invece, il raggiungimento dello stesso livello di produttività del lavoro registrata nella media UE da solo non riuscirebbe a garantire, mentre la combinazione di occupazione e produttività del lavoro entrambe ai livelli UE renderebbe la piena convergenza possibile. 

Le politiche per l'occupazione, e in seconda battuta quelle per la produttività, sarebbero quindi le leve decisive da muovere per portare il Sud e l'Italia fuori dalla trappola dello sviluppo. A patto di sfruttare l'opportunità storica di poter integrare i fondi europei della Coesione con quelli del PNRR, per il 40% destinati proprio al Mezzogiorno.

Per approfondire: Terza relazione PNRR: progressi su vincolo 40% fondi al Sud

Consulta il rapporto Istat La Politica di Coesione e il Mezzogiorno - Vent'anni di mancata convergenza

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