Innovazione: Italia agli ultimi posti in UE per le spese di ricerca e sviluppo

 

Foto di Michal Jarmoluk da PixabayL’intensità tecnologica del tessuto produttivo italiano è inferiore alla media europea e le spese in R&S in rapporto al Pil ammontano a circa 0,9% contro 1,4% dell’UE. A dirlo il nuovo numero della rivista di ENEA, da cui però emerge anche come uno snodo fondamentale da affrontare sia quello di Uffici di trasferimento tecnologico che funzionino molto bene.

Il trasferimento tecnologico nel PNRR

“Il nostro Paese - spiega il Presidente di ENEA, Gilberto Dialuce - soffre di un consistente gap negli investimenti in questa direzione, nonostante vi siano alcuni segnali positivi di incremento delle risorse dedicate alla R&S e, in definitiva, all’innovazione”.

L’Italia spende poco in R&S ed è un innovatore moderato

Oltre ai dati sulle spese in ricerca e sviluppo, a fotografare meglio la situazione ci pensano i numeri di EY sull’investimento Venture Capital pro capite. “In Italia, nel 2022, questo valore si è attestato su 35 euro mentre i leader europei – come Francia (149 euro) e Germania (153 euro) – si trovano a distanze siderali. Se osserviamo gli andamenti degli investimenti di Venture Capital effettuati annualmente a livello nazionale, essi fotografano un ritardo dell’Italia di 5-7 anni rispetto alle altre principali economie continentali, tra cui Francia e Germania, ma anche Spagna e Svezia. Il commento sui dati EY arriva dal Presidente della Compagnia di San Paolo Francesco Profumo che, sul tema, segnala come una delle maggiori criticità per il nostro paese sul fronte dell’innovazione, sia proprio l’investment gap.

Ancora, guardando al Global Innovation Index 2022, che analizza la propensione all’innovazione dei Paesi ed è costruito su 81 indicatori, emerge come il nostro Paese sia largamente preceduto da tutti i grandi paesi industriali con i quali competiamo quotidianamente.

Il risultato ultimo di tale situazione è che l’Italiaè un paese innovatore moderato e ciò significa che il nostro ecosistema non riesce a tradurre le competenze e le ricerche sviluppate in innovazione e in nuovi prodotti e mercati”, sottolinea la Presidente del CNR Maria Chiara Carrozza.

Ovviamente i ritardi non sono omogenei. Tra i settori in cui la capacità di innovazione dell’industria italiana appare ancora particolarmente limitata, figura ad esempio quello della transizione energetica ed ecologica. Un dato che chiaramente mette a repentaglio anche il rispetto dei target ambientali che con questo trend avrebbero bisogno di crescenti importazioni dall’estero su tali fronti, cosa che alla lunga graverebbe sul deficit estero compromettendo lo sviluppo del Paese.

Innovare fa bene all'impresa

Eppure tutti gli indicatori confermano come l’innovazione apporti benefici unanimi alle imprese che la effettuano.

Ad esempio, “le imprese innovatrici godono di un differenziale positivo di produttività del lavoro, rispetto alle non innovatrici, pari a +37%. Il differenziale aumenta per le imprese innovatrici attive nella R&S (+44,7%) ed è massimo nelle grandi imprese attive nella R&S (+46,7%). Tra quelle innovatrici, inoltre, le imprese che investono in R&S beneficiano di un differenziale positivo di produttività rispetto a quelle che non svolgono attività di R&S (+5,6%). Il differenziale è massimo nel settore dei servizi (+8,2%)”, si legge sempre nel magazine ENEA.

“L'innovazione inoltre premia la redditività: mediamente le imprese innovative mostrano una redditività superiore di 8 punti percentuali rispetto alle non innovative. Nelle grandi imprese il differenziale è di +11 punti percentuali ed anche la propensione all'export è maggiore nelle imprese innovatrici rispetto alle non innovatrici (+11,4 punti percentuali) e cresce ulteriormente nelle grandi imprese (+13,5 punti). Le imprese innovative attive nella R&S godono del maggior vantaggio rispetto alle innovatrici che non investono in innovazione (+5,1 punti), in particolare il gruppo delle medie imprese (+6,7punti)”.

Il nodo del trasferimento tecnologico

Oltre al tema “risorse”, un punto cruciale da affrontare è quello del trasferimento tecnologico. L’ampia disamina sul tema arriva da Alessandro Coppola, Direttore Innovazione e Sviluppo di ENEA.

Fare innovazione - spiega infatti Coppola - significa percorrere l’iter che dalla Ricerca di base porta al punto di caduta applicativo di prodotti e servizi, riassunto nello schema TRL (Technology Readiness Level) che traccia i 9 passi successivi da TRL1 (osservazione dei principi fondamentali) a TRL9 (prova funzionale con tecnologie abilitanti ed applicazione al settore industriale specifico).

Il passo cruciale - sottolinea Coppola - è quello che va da una tecnologia ancora molto prototipale e sperimentale, allo stadio di industrializzazione e sua conversione in soluzioni utili al Mercato finale, ovvero il cosiddetto Trasferimento Tecnologico baricentrato al TRL5 (validazione tecnologica in ambito industriale). Nelle grandi aziende dotate di centri di Ricerca, tale passaggio non rappresenta un problema. Ma per quel 95% di aziende che nel nostro Paese sono PMI, il passo non è scontato.

Il risultato complessivo - aggiunge quindi Coppola - è che senza una Ricerca fatta con investimenti Pubblici da Enti di Ricerca, difficilmente le aziende si avventurano su iniziative di Innovazione a basso TRL (<5). 

Da qui deriva in tutta la sua forza la rilevanza strategica del Trasferimento Tecnologico che diventa derimente per gli esiti dell’intero processo di innovazione di un’impresa.

Secondo Coppola, i limiti riscontrati in questi anni in Italia sul fronte del trasferimento tecnologico hanno avuto, in realtà, poco a che fare con la carenza di fondi. Quel che è troppo spesso mancato - scrive Coppola - è una progettualità del “passaggio di testimone” tra i protagonisti della staffetta dell'innovazione (composta da ricercatori, imprese e investitori), realizzata da Uffici di trasferimento tecnologico popolati da professionalità intermedie tra la ricerca e l’impresa, che abbiano la capacità di raccordare la trasversalità della prima con la verticalità della seconda, sapendo al contempo dimostrare alla Finanza l’efficacia e la mitigazione del rischio.

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Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay

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