Industria hi-tech: ENEA, aumentare investimenti in innovazione

 

Alta tecnologia - Foto di skeeze da Pixabay L'Italia sta investendo troppo poco nell’innovazione tecnologica del sistema produttivo e con una quota di mercato nell'export mondiale inferiore al 2% non regge il confronto con i maggiori paesi europei, Germania e Francia in primis.

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Quindicesima nella classifica mondiale dei 20 maggiori esportatori di prodotti hi-tech, l’Italia assorbe una quota di mercato di poco inferiore al 2%, ben distante da Germania (9,9%), Francia (5,3%) e Regno Unito (4%) e indietro anche rispetto a player di minori dimensioni come Paesi Bassi (2,6%) e Belgio (2%).

A lanciare l'allarme è lo studio “La competitività tecnologica dell’Italia a livello globale: una sfida ancora aperta”, realizzato dall’Osservatorio ENEA sull’Italia nella Competizione Tecnologica Internazionale e pubblicato sulla rivista Energia Ambiente e Innovazione.

Un trend dovuto agli investimenti limitati nell’innovazione tecnologica del sistema produttivo, ma che secondo lo studio può ancora essere invertito: “La sfida non è ancora persa - sottolineano Daniela Palma e Gaetano Coletta, i ricercatori ENEA che hanno curato il report - se verranno attuate politiche in grado di modificare la struttura del sistema produttivo, potenziando la filiera dell’hi-tech”.

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I settori hi-tech nel decennio 2000-2016

In base alla ricerca, nel periodo di riferimento 2000-2016, tutti i principali settori dell’high-tech nazionale hanno perso terreno in termini di quote commerciali: la farmaceutica è scesa dal 6,5% al 4,5%, la chimica dal 3,8% al 3,2%, l’aerospazio dal 3,7% al 2,7%. Fa eccezione solo l’automazione industriale, che ha registrato un aumento di due punti percentuali, dal 4,8% al 6,8%, mentre l’energia termomeccanica ed elettrica è rimasta stabile al 3,4%.

A confermare la criticità dello scenario italiano, l’andamento degli scambi commerciali nell’alta tecnologia: nel periodo preso in esame, l’incidenza dei prodotti high-tech sulla domanda di prodotti esteri è risultata in linea con la media UE, mentre sul totale delle esportazioni la quota di prodotti high-tech è nettamente più bassa rispetto a competitor come Germania e Francia.

Solo tre settori del comparto high-tech in Italia non hanno registrato un costante deficit commerciale: energia termomeccanica, aerospazio e automazione industriale. Per quest’ultimo, però, si è registrato un netto peggioramento negli ultimi anni. “Un segnale di allarme – notano Palma e Coletta – soprattutto in relazione al nuovo aumento del deficit complessivo dell’alta tecnologia nel biennio 2015-2016”.

A livello mondiale, il report evidenzia un’avanzata significativa della Cina, un consolidamento dell’area asiatica (che copre quasi metà del commercio del comparto) ed anche un forte arretramento degli Stati Uniti, con una quota che nel 2016 arriva a dimezzarsi, attestandosi su valori di poco inferiori al 10%.

Secondo lo studio, un reale miglioramento della posizione competitiva dell’Italia nei mercati dell’high-tech potrà realizzarsi solo attraverso una ricomposizione dell’offerta produttiva, attualmente ancora troppo sbilanciata verso settori di tipo tradizionale, prevedendo interventi che rafforzino la presenza dell’industria nazionale nelle filiere dell’alta tecnologia. “In alternativa – aggiungono Palma e Coletta – il forte ritardo tecnologico accumulato dal nostro Paese nei confronti dei maggiori partner europei è destinato solo ad ampliarsi”.

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Foto di skeeze da Pixabay 

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