Citta' metropolitane - Vitali (Urbanit): Grande incompiuta, adesso ripensare i confini

 

MiradortigreIntervista a Walter Vitali, direttore di Urbanit, sull'evoluzione delle Città metropolitane.

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"Quando parliamo di Città metropolitane ci sono molte cose che sarebbe stato meglio fare in maniera diversa. Preso atto di questo, però, andiamo avanti e pensiamo al ruolo che questi soggetti potrebbero avere adesso, soprattutto in ambito economico". Walter Vitali, ex sindaco di Bologna e senatore, attualmente direttore di Urbanit, Centro nazionale di studi per le politiche urbane, analizza così la storia delle Città metropolitane. Nella sua visione questi enti restano una grande incompiuta. Per questo, adesso bisognerebbe completarli e lavorare per dargli un ruolo di catalizzatore delle rispettive economie territoriali. Ragionando soprattutto sull’estensione dei loro confini. Una visione in linea con il lavoro del Dipartimento per gli Affari regionali di Palazzo Chigi.

Direttore, perché parla di incompiute in riferimento alle Città metropolitane?

Sono incompiute per due ragioni. La prima è che non siamo partiti da una scelta forte e concreta dei territori. Siamo, invece, partiti dall’abolizione delle Province e, dopo questa, sono state istituite le Città metropolitane.

La seconda ragione?

E’, ovviamente, legata alle risorse. Le Città metropolitane hanno pagato un grande problema finanziario. Se c’è un’istituzione, ci deve anche essere una finanza adeguata che la sostiene. A causa di questi problemi, abbiamo rischiato di travolgere una buona legge, la n. 56 del 2014.

Cosa bisogna fare adesso?

La nostra posizione come Urbanit è che occorre guardare agli aspetti positivi. E’ vero che sarebbe stato meglio arrivare alle Città metropolitane in maniera diversa, senza il condizionamento dell’abolizione delle Province, ma adesso è stato messo in moto un processo sulle nostre principali aree urbane: penso ad esempio al Programma Operativo Nazionale Città metropolitane (PON Metro), dedicato proprio alle Città metropolitane. Bisogna guardare avanti.

In che modo?

Questi enti hanno, almeno sulla carta, funzioni molto importanti, soprattutto in ambito economico. Bisogna che il Governo guardi a loro con maggiore attenzione e faccia di più. Il PON Metro, ad esempio, è riferito soprattutto ai Comuni capoluogo, in maniera scorretta.

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Servono altre norme?

No, non sono necessarie altre norme. Bisogna piuttosto interrogarsi sul ruolo che possono avere le Città metropolitane nelle diverse aree, sui loro confini. E il lavoro fatto dal Dipartimento per gli Affari regionali di Palazzo Chigi va esattamente in questa direzione: mettere in luce la distanza che c’è tra la situazione amministrativa e quella di fatto.

Dove pensa che sia maggiore questa distanza?

In generale, stiamo assistendo dappertutto a un fenomeno di dissoluzione della città tradizionale, alle cosiddette “post metropoli”. Questo problema dei confini delle Città metropolitane riguarda un po’ tutta Italia.

Ci sono però dei casi più significativi?

Sicuramente quello di Milano. Qui è assurdo immaginare che possa esistere una Città metropolitana che coincida con i confini della Provincia e che escluda del tutto Monza. Un discorso simile può essere fatto a Firenze o a Roma.

Ci sono casi che vanno nella direzione opposta, con Città metropolitane troppo ampie?

A Torino c’è sicuramente il problema opposto: la Città metropolitana comprende 300 Comuni ma, se guardiamo alla situazione reale, sarebbe più coerente limitarsi a una cinquantina di Comuni più vicini al capoluogo.

Quindi, vanno rivisti i confini…

Certamente, ma nel quadro di un processo che non deve essere formale e burocratico. Bisogna arrivare alla fine di un percorso condiviso dai territori.

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