Codice appalti - per le riforme è necessario cambiare la UE

 

La bocciatura del Consiglio di Stato su un testo normativo così importante per far ripartire gli investimenti nel nostro paese indica che le riforme non possono ormai più prescindere da un radicale cambiamento nell’approccio legislativo, che dovrà essere sempre di più europeo.

Cantiere

Codice Appalti, entrata in vigore rinviata di tre mesi

Il governo Renzi è partito all’insegna del fare riforme e, nonostante le buone intenzioni, i risultati ad oggi, dopo circa due anni a Palazzo Chigi, non sono confortanti.

Tralasciando l’abolizione del Senato, che darà un contributo diretto limitato all'economia del Paese, i testi sinora varati, Jobs Act su tutti, non hanno portato benefici evidenti.

E’ vero che il tasso di disoccupazione è sceso nel 2015 ma con la riduzione degli sgravi contributivi nel 2016 il trend si è subito invertito, in un quadro economico che difficilmente si ripeterà in futuro: tassi di interesse e prezzo del petrolio bassi, favorevole rapporto di cambio euro/dollaro e le principali economie emergenti ancora in forte crescita, seppure non ai livelli degli scorsi anni.

Ho sempre ritenuto che le riforme prioritarie fossero fisco, giustizia e concorrenza, ma con il desolante scenario della riforma del codice appalti mi rendo conto che il sistema non è più in grado di portare avanti riforme.

Si parte da un testo vigente e da una direttiva europea da recepire, poi c’è una legge delega al Governo per redigere la riforma, poi ci sono le commissioni parlamentari, l’Anac, il Consiglio di Stato, la Commissione europea che vaglierà se il testo varato è conforme alla direttiva e la Corte dei Conti che poi a consuntivi fatti dirà pure la sua.

Passano gli anni e alla fine i testi a cui si arriva sono talmente problematici da essere praticamente inapplicabili, tanto da non consentire una vera ripartenza degli investimenti e dell’economia.

La scorsa settimana al convegno dell’ANCE dedicato al codice appalti se ne sono sentite di tutti i colori, e non solo da parte dei costruttori. Il paradosso è che si fa una riforma e rimangono tutti i problemi. Il Consiglio di Stato ha infatti venerdi rilasciato un lungo e negativo parere su gran parte del codice.

I governi dell'Ue, il nostro più degli altri, si scontrano ormai con una complessità del sistema che si autoalimenta nella molteplicità di soggetti istituzionali e di livelli normativi, che rende quasi impossibile una efficiente ed efficace produzione legislativa, figuriamoci la sua applicazione.

E il codice appalti è emblematico. Può esistere un vero mercato unico, una reale concorrenza se un'impresa trova norme e applicazioni diverse in ogni paese?

In questo contesto, il cambio di passo nella politica europea di cui tanto si discute è ormai diventato imprescindibile. Una maggiore integrazione dei paesi della Ue deve servire innanzitutto a ridare ad imprese e cittadini regole chiare, semplici e applicabili, che gli consentano di lavorare senza doversi confrontare con una miriade di norme ed istituzioni regionali, nazionali ed europee. E’ davvero così difficile avere questa ambizione?

Il prezzo della grandezza è la responsabilità, diceva Winston Churchill. Per fare grande l’Italia e l’Europa è ora che chi governa se la assuma, subito per favore.

Author: Air Force One / photo on flickr

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