Fondi Ue e PPP – situazione italiana, progetti e best practices

Dati e riflessioni sui fondi strutturali e sull'importanza crescente dei Partenariati Pubblico-Privato

PPP - Author: 드림포유 / photo on flickr

Una panoramica sulla spesa dei fondi strutturali, i dati sul ruolo dei Partenariati Pubblico-Privato e gli esempi concreti di tre Best practices. Sono i temi affrontati nella seconda parte dell’evento sul piano Juncker, i fondi Ue e i partenariati pubblico privato che si è tenuto ieri allo Spazio Europa.

Porzio (Agenzia Coesione): PPP nel regolamento dei fondi Ue 2014-2020

L'esperto nelle politiche di sviluppo dell'Agenzia per la coesione territoriale Alessandro Porzio apre il suo intervento partendo dalle questioni rilevanti in fatto di spesa dei fondi europei. In primis, la progettazione, “una delle questioni che intervengono nell'efficiacia della spesa delle risorse. Punto su cui l'Agenzia interverrà direttamente, attraverso un'area dedicata”.

A questa si aggiunge la “capacità amministrativa”. Anche su questo versante, nota Porzio, “la nuova programmazione porta una novità rilevante: i piani di rafforzamento amministrativo, piani pensati per dare adeguata certezza della capacità di quella amministrazione di riuscire a gestire le risorse disponibili”.

C'è poi la questione dell'addizionalità, che Porzio indica come “uno dei pilastri alla base della politica di coesione, abbastanza trascurato nei precedenti cicli di programmazione”. E cita a tal proposito alcune dichiarazioni di Mario Draghi di qualche anno fa, quando era ancora Governatore della Banca d'Italia: “affinché ci sia un effettivo impatto di queste risorse sui territori, si deve poter contare su un adeguato livello di spesa ordinaria da parte dello Stato. Se lo Stato riduce la spesa ordinaria, queste risorse non sono più impattanti sul territori, ma vanno semplicemente a coprire il buco creato dalla sottrazione della spesa ordinaria”.

Fatte queste premesse, Porzio è passato ad analizzare il ruolo dei Partenariati Pubblico-Privato in Italia. In base ai dati della ragioneria generale dello Stato, il mercato del PPP in Italia si è sviluppato a partire dai primi anni 2000, nel ciclo di programmazione 2000-2006, quando cioè la finanza di progetto inizia ad entrare nel mondo dei fondi strutturali. Da allora il mercato è cresciuto, fino a superare il 30-40% nel triennio 2010-2012.

Il PPP trova piena cittadinanza nel nuovo regolamento generale dei fondi europei 2014-2020 (regolamento n. 1303-20013)”, prosegue Porzio, citando alcuni passaggi del regolamento in questione. In particolare, l'articolo 62, che “dà legittimatà normativa allo strumento dei Partenariati Pubblico-Privato”, indicato come “un mezzo efficace per realizzare operazioni che garantiscono il conseguimento di obiettivi di politiche pubbliche riunendo forme diverse di risorse pubbliche e private”.

Bellicini (Cresme): PPP in Italia in cifre

Veniamo ai numeri dei Partenariato Pubblico-Privato in Italia, snocciolati dal direttore del Cresme Lorenzo Bellicini, che nel corso dell'evento ha presentato i risultati di una ricerca condotta sul tema.

“Non è vero che le cose vanno poi così male”, premette Bellicini, ma sottolinea la necessità di “distinguere i livelli, fra piccolo e medio Partenariato e grande PPP. Quando entriamo nel piccolo e medio notiamo che la situazione è migliore rispetto al grande Partenariato”.

La ricerca si focalizza in particolare sui Partenariati realizzati nel settore delle opere pubbliche, che in Italia vale 32,5 miliardi.

“Le gare di PPP dal 2002 al 2015 è fortemente cresciuto. Si tratta di un mercato che prima non c'era e che oggi pesa in modo importante sul mercato”. Nello specifico, si registra una crescita dei bandi di gara di questo tipo per i Comuni, +42,8% in termini d'importo nel 2014 rispetto al 2013, e del 13,6% nel 2015”.

La ricerca ha analizzato nello specifico 6680 concessioni fino a 50 milioni di euro e quelle superiori a tale soglia. Iniziamo dalle prime, le gare di portata minore: il 59% è entrato in gestione, il 12% ha lavori in corso ultimati, il 7,8% ha contratti, il 14,5% è in aggiudicazione, il 6,3% sono stati rescissi.

Se invece si considerano le gare al di sopra dei 50 milioni di euro, solo il 15% è entrato in gestione

“Forse c'è da riflettere su cos'è il Partenariato ubblic-Privato nel nostro paese e individuare politiche in grado di cogliere la domanda che viene dal territorio”.

In base ai dati relativi al 2015, il Cresme registra una frenata dei grandi lavori, e una dinamicità maggiore degli Enti locali, soprattutto dei Comuni. Ma c'è da “chiedersi quanto il PPP serva, in questo caso, per evitare il patto di stabilità, grazie alla trasformazione della spesa in conto capitale in spesa corrente”.

Bellicini invita quindi riflettere su un altro aspetto, ovvero se sia più appropriato applicare il modello dei Partenariati al mondo delle costruzioni o a quello dei servizi, che in Italia vale 44 miliardi di euro (contro i 30 miliardi delle costruzioni).

Tirando le somme, secondo il direttore del Cresme, i Partenariati in Italia ci sono già, “ma non c'è la competenza tecnica e la formazione necessaria.

Pasquini (DIPE): intervenire sul capacity building

“Il PPP strumento su cui l'Uione europea punta per risolvere problematiche relative alla gestione dei servizi pubblici”, nota Gabriele Pasquini, dirigente del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Citando i dati Cresme, Pasquini parla del mercato italiano come di un sistema che funziona soprattutto per le opere sotto i 50 milioni di euro.

Ma ci sono degli ostacoli da superare: “Quasi il 70% di questo mercato giunge alla fase di affidamento sulla base di piani econonomico-finanziari che non presentano nessuno o pochi degli indici che normalmente devono connotare un piano di questo tipo: gli indici di bancabilità, di sostenibilità economico-finanziaria, tutti indici necessari per le Amministazioni comunali per verificare se l'opera è utile o meno, se è bancabile o meno. Si parte quindi da un dato documentale molto lacunoso”.

Pasquini invita a investire molto di più sul capacity building, su quegli strumenti per rafforzare le Pubbliche amministrazioni, soprattutto locali: “bisogna dare all'amministrazione la cassetta degli attrezzi e formare il personale adatto a utilizzare questi attrezzi”.

La cassetta degli attrezzi indicata da Pasquini comprende “convenzioni standard, modelli di piani economico-finanziari, e un modello per la concessione di servizi (se vediamo i dati Cresme è un percorso operativo che le PA sempre più utilizzano per l'affidamento di opere in PPP)”. In tal senso cita una guida, realizzata dal DIPE in collaborazione con il Ministero dell'Economia e delle Finanze e altri interlocutori istituzionali, rivolta alle Pubbliche amministrazioni per la redazione di un contratto di concessione per le opere cosiddette a canone o opere fredde, per cui la PA è tenuta a un pagamento di un canone per la concessione di servizi da parte di un concessionario privato. Guida che dovrebbe essere presentata a fine novembre.

Ma gli attrezzi devono essere utilizzati da persone capaci, ed è qui che entrano in balle le politiche formativi: Pasquini invita quindi a “utilizzare la leva dei fondi Ue per politiche formative volte a implementare quelle conoscenze che ancora a livello locale non sono così diffuse, e che spesso causano anche una frustrazione nel dialogo con gli operatori privati”.

Progetti e best practices

Tre progetti con caratteri e finalità diverse, che utilizzano, a vario titolo, il modello dei PPP.

Il primo progetto presentato alla platea, è un Contratto di prestazione energetica per le scuole suoperiore, presentato dal responsabile del Settore edilizia della Provincia di Treviso Antonio Zonta. Un progetto che riguarda l'efficientamento energetico di un patrimonio di edifici, in gran parte edifici scolastici”, 128 per la precisione, per una superficie di 415mila metri quadrati, “cui si aggiungono 18 edifici istituzionali, che coincidono la sede dell'amministrazione provinciale”.

Progetto realizzato con un processo, oltre che di efficientamento tecnologico, anche di coinvolgimento degli utenti nell'operazione.

“Siamo partiti da un consumo complessivo di 37 GW ora all'anno di energia termica e abbiamo adottato la formula EPC, il contratto di prestazione energetica: sul piano amministrativo, abbiamo cioè impostato il progetto come un contratto d'appalto di servizi, nel quale l'appaltatore doveva realizzare investimenti preliminarmente per rendere efficiente un patrimonio che non sempre lo era”.

Tecnicamente, non si tratta di un PPP, ma di un contratto d'appalto in cui comunque il privato è chiamato a realizzare investimenti in fase iniziale per poi ridurre il prezzo per l'erogazione del servizio. “Il ricorso a questi contratti è dovuto alla difficoltà della PA di realizzare investimenti con risorse proprie, e quindi si è cercata una forma contrattuale che permettesse di esternalizzare gli investimenti, ripagando il soggetto privato con le economice di gestione che si realizzano negli anni successivi”

Ma il contratto EPC pone anche una serie di questioni: “Non è facile per la PA conoscere precisamente i consumi del periodo precedente, che assumono il ruolo di elemento di riferimento per il calcolo della prestazione e le caratteristiche prestazionali del patrimonio”; c'è poi da “determinare un livello base di competenze da corrispondere all'assuntore del servizio (pari sostanzialmente al costo precedente, poi ulteriormente diminuito per il miglioramento dovuto al ribasso d'asta) e un livello minimo di prestazione attesa”. Infine, si tratta di “progettare un algoritmo per determinare il compenso da corrispondere all'assuntore del servizio in funzione dei risultati ottenuti in termini di riduzione dei consumi energetici”.

Ma il progetto ha avuto un riscontro evidente in termini economici, portando - dal 2010, quindi prima dell'avvio del progetto, al 2014 - una riduzione dei costi di gestione del 21,41%, oltre 1 milioni 240mila euro.

Il secondo progetto riguarda lo Sviluppo dell'area portuale di Civitavecchia, e in questo caso le cifre levitano: il Partenariato in questione, infatti, prevede investimenti pari a circa 500 milioni di euro per la sola area portuale. “Stiamo cercando di giocare un ruolo di cerniera tra pubblico e privato, e ci stiamo focalizzando su quello che per noi rappresenta Civitavecchia come quadrante: un territorio strategico non solo per la Regione Lazio ma per tutta Italia”, spiega Stefano Cenci, presidente di Unindustria Civitavecchia, sottolineando il forte impatto del progetto sul fronte commerciale e turistico.

E gli investimenti sono destinati a crescere, espandendosi dal solo porto all'area di retroporto: “Partiamo dall'assunto che non c'è un porto capace senza un retroporto pronto a gestire le merci che arrivano”.

A chiudere il panel delle Best practices, Giovanni Pietro Vargiu, consigliere della sezione edili di ANCE Cagliari. “Il PPP per come lo intendiamo noi deve affrontare una finalità sociale, per sviluppare a pieno la forza che l'Ue gli attribuisce”, premette Vargiu. “Dal momento in cui la Sardegna ha un gap formativo molto forte, ci siamo concentrati sugli edifici scolastici. Li abbiamo censiti per capire le problematiche che pongono e metterle in relazione con i dati demografici: abbiamo 960mila metri quadri di edifici scolastici, che potremmo ridurre di 200mila".

A questo punto, "abbiamo pensato di dedicare gli edifici dismessi all'abitare sociale, con un progetto di 666 milioni, coperto solo per un terzo dalla parte pubblica e per due terzi da parte privata. Progetto che è stato presentato alla platea imprenditoriale e alle istituzioni, ottenendo risocontri positivi. Adesso, dopo aver definito ogni aspetto del progetto, siamo nella fase di riflessione con la Regione, che sta valutando per verificare come far partire il progetto”.

Photo credit: 드림포유 / Foter.com / CC BY-ND

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