Fondi europei: il confronto sulla Politica di Coesione post 2027 entra nel vivo

 

Consiglio Informale Murcia - Photo credit: Spanish Presidency of the Council of the European UnionA Murcia i ministri dell'Unione si sono confrontati sulla necessità di una Politica di Coesione 2.0, che raccolga le lezioni delle scorse programmazioni dei fondi strutturali per incidere maggiormente sui divari territoriali e massimizzare l'efficacia del bilancio UE. E su come il modello PNRR potrebbe applicarsi anche alla gestione dei fondi della Coesione 2028-2034.

Fondi europei: al via il gruppo di alto livello sulla Politica di Coesione post 2027

Al Consiglio informale convocato il 29 settembre dalla presidenza spagnola a Murcia, dal titolo “Verso una Politica di Coesione 2.0", ha partecipato per l'Italia il ministro per gli Affari europei, il Sud le Politiche di coesione e il PNRR Raffaele Fitto, che ha difeso l'importanza dei fondi europei della Politica di Coesione per uscire dalla trappola dello sviluppo che blocca il potenziale di molte regioni europee, ma anche per accompagnare la politica di allargamento dell'UE e garantire la capacità dell'Unione di assorbire nuovi membri.

L'obiettivo della presidenza spagnola è presentare una serie di conclusioni sul nuovo assetto che dovrebbe improntare la Politica di Coesione 2028-2034 in occasione del Consiglio Affari Generali in programma a Bruxelles il prossimo 30 novembre.

La presidenza spagnola - ha spiegato Mercedes Caballero, segretaria di stato per i fondi europei, in conferenza stampa al termine dell'incontro di Murcia - ha l'obiettivo di garantire il futuro della Politica di Coesione dopo il 2027 e la sua missione di promuovere lo sviluppo armonico tra i territori europei. Obiettivo che, secondo la Spagna, passa per un approccio place-based e per una nuova serie di indicatori per classificare le regioni target, che riflettano la situazione dei diversi territori e il modo in cui le transizioni in atto produrranno effetti non solo su quelli meno sviluppati, ma anche sulle aree più avanzate e industrializzate.

Riflessioni che si accompagnano a quelle sull'esperienza del PNRR, strumento sinergico ai fondi strutturali oppure modello pronto ad assorbire la Politica di Coesione a seconda delle interpretazioni, con conseguenze tutte da verificare in termini di contributo alla riduzione dei divari territoriali.

Politica di Coesione 2028-2034: di cosa hanno discusso i paesi UE a Murcia

Il rapporto con l'esperienza dei PNRR, la governance e la flessibilità dei fondi europei sono stati i principali temi discussi dai ministri in occasione del Consiglio informale Affari generali di Murcia. Una regione cambiata radicalmente grazie ai fondi europei, come ha sottolineato la commissaria per la Coesione e le riforme Elisa Ferreira, ricordando, a titolo di esempio, i finanziamenti per l'alta velocità ferroviaria e la tutela della biodiversità marina.

I fondi della Politica di Coesione non stanno generando però lo stesso impatto trasformativo su tutte le regioni europee. Come registrato dall'ottava relazione sulla Coesione presentata nel febbraio 2022 dalla Commissione, le regioni dell'Europa orientale hanno sperimentato, sulla spinta dei fondi UE, una riduzione sostanziale del divario in termini di PIL pro capite, ma ora hanno bisogno di importanti investimenti in istruzione, formazione, ricerca e innovazione per accrescere la competitività ed evitare la cosiddetta “trappola della sviluppo”. Le regioni meno sviluppate del Sud Europa - tra cui quelle del Sud Italia - sono invece già bloccate in quella trappola e sono spesso portate ad esempio per argomentare i fallimenti della Politica di Coesione e la necessità di procedere ad una sua profonda revisione.

Per diversi Stati, soprattutto del Nord Europa, destinare un terzo del bugdet UE a una politica dai risultati dubbi, nel momento in cui i paesi europei sono impegnati a gestire una pluralità di sfide, cercando di tenere salda la barra dei conti pubblici, non è più prioritario. Le nuove urgenze – dalla doppia transizione verde e digitale alla crisi demografica, dall'instabilità geopolitica all'autonomia strategica dai paesi terzi – dovrebbero scalare l'agenda rispetto ai temi della riduzione delle disuguglianze e dell'esclusione sociale, problemi che - si presume - una maggiore crescita andrebbe comunque a mitigare.

L'esperienza del PNRR - che si fonda su una base finanziaria e normativa diversa, ma si è sovrapposto ad alcuni tradizionali ambiti di azione dei fondi strutturali - si inserisce in questo contesto fornendo un modello alternativo di gestione delle risorse europee. Più centralizzato e competitivo, basato su riforme e risultati conseguiti e non più sulla rendicontazione della spesa. Un metodo che piace anche ai paesi maggiori beneficiari dei fondi strutturali, come l'Italia, che una Politica di Coesione forte continuano a difenderla, ma che allo stesso tempo rischia di far arretrare a semplice sfondo la mission primaria della convergenza tra le regioni europee. Le analisi della Svimez e della Corte dei Conti sul perseguimento dell'obiettivo trasversale della riduzione dei divari territoriali nel PNRR italiano testimoniano che la capacità del Recovery di affrontare il tema è tutt'altro che scontata.

L'alternativa tra complementarietà e assimilazione di Politica di Coesione e PNRR è quindi uno dei dilemmi sul tavolo dei ministri.

Altro tema centrale, strettamente collegato al primo, è quello della governance. Nella sua relazione la Commissione ha sottolineato l'importanza di continuare a investire sul piano della governance e della capacità istituzionale, per migliorare l'ambiente imprenditoriale e l'efficacia dei fondi europei, e ha raccomandato di integrare le politiche strutturali a livello nazionale con politiche place-based a livello regionale e locale. A Murcia, Caballero ha sottolineato l'importanza di adattare le politiche alle realtà di ciascuna regione e sostenuto che una pianificazione più vicina ai singoli territori richiederebbe un nuovo set di indicatori, più ampio di quello attuale, per tenere conto del fatto che oggi anche le regioni più sviluppate sono sottoposte a pressioni crescenti per via delle transizioni in atto.

Infine, c'è il tema della flessibilità, che riguarda questioni specifiche come la definizione dei tassi di cofinanziamento UE, ma più in generale la capacità della Politica di Coesione 2028-2034 di reagire rapidamente ad esigenze impreviste, come avvenuto negli ultimi anni in risposta al Covid, alla crisi ucraina e a quella energetica. Anche in questo caso una prospettiva non esente da rischi di uso improprio, come sottolineato dal Parlamento europeo nella sua risoluzione sull'ottava relazione della Commissione UE. La Coesione non è uno strumento anticrisi con cui coprire le carenze dei bilanci nazionali, hanno sottolineato un anno fa gli eurodeputati. Un monito quanto mai attuale per l'Italia, che proprio ai fondi europei e nazionali della Coesione prevede di attingere per assicurare copertura finanziaria ai progetti usciti dal PNRR.

Per approfondire: Le incognite sulle partite incrociate di PNRR, fondi strutturali e FSC

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