I pareri sulla nuova riforma del Codice appalti

 

Foto di Olya KobrusevaMentre aumentano le richieste di uno slittamento della data di entrata in vigore del nuovo Codice appalti, per ora la prossima scadenza di rilievo è il 31 marzo 2023, data entro cui il testo definitivo del nuovo Codice dovrebbe approdare in Gazzetta ufficiale. Nelle settimane che restano, il governo dovrà quindi decidere se e cosa recepire delle osservazioni arrivate sia dal Parlamento che dagli stakeholder.

Cosa prevede il progetto preliminare del nuovo Codice Appalti?

Principio di rotazione degli appalti, innalzamento della soglia delle procedure negoziate senza gara, appalto integrato e rimozione delle pratiche di gold plating. Sono questi alcuni dei temi al centro delle osservazioni pervenute sia dai due rami del Parlamento, sia dagli stakeholder che nelle scorse settimane si sono succeduti in audizione.

Ecco quindi una rassegna delle principali osservazioni sul nuovo Codice appalti, prodotte dalla Camera dei deputati e dal Senato, nonchè dall’ANAC, l’ANCI e l’ANCE. 

Le osservazioni del Parlamento sul nuovo Codice appalti

Partendo dall'ambito parlamentare, si segnala anzitutto che le commissioni competenti di Senato e Camera hanno apportato decine di modifiche allo schema di nuovo Codice dei contratti pubblici approvato a fine 2022 dal Governo.

Bisogna tenere conto del fatto che, a differenza delle osservazioni prodotte da altri organi ed enti, le richieste arrivate dai due rami del Parlamento sono in qualche misura più vincolanti per il governo. L'art. 1, comma 4 della Legge 78-2022, infatti, impone al Governo di dare una risposta alle osservazioni parlamentari, salvo restando comunque la possibilità (motivata) di procedere in maniera autonoma.

Tra i numerosissimi aspetti toccati delle osservazioni, uno di grande rilevanza - e presente nei pareri di entrambi i rami - riguarda la modifica della clausola di revisione prezzi, cioè di quella clausola che prevede ex ante il riconoscimento all’appaltatore di compensazioni economiche collegate allo scostamento da determinati indici o prezziari predefiniti. Sul tema, infatti, il Senato chiede di ridurre dal 5% al 2% “la soglia oltre la quale scatta la revisione dei prezzi”, mentre la Camera avanza l’ipotesi d’innalzare ad oltre l’80% la soglia di misurazione dei prezzi da riconoscere all’impresa.

I pareri di entrambi i rami si concentrano anche sull’illecito professionale. In particolare, il Senato suggerisce “una maggiore tipizzazione delle ipotesi di illecito”, mentre la Camera avanza la richiesta di attribuire rilevanza solo alle fattispecie indicate “in modo tassativo” dalla norma. Entrambi i rami hanno inoltre concordato sull'opportunità di dare rilevanza escludente a meri rinvii a giudizio e/o all'applicazione di misure cautelari.

Tra gli altri temi toccati dai pareri di Camera e Santo figurano:

  • l’opportunità di prevedere deroghe motivate al principio di rotazione;
  • la necessità d’approfondimento in tema di affidamenti sotto-soglia comunitaria;
  • la riconsiderazione complessiva in merito alla regolamentazione del “subappalto a cascata”;
  • la necessità di maggiore specificazione circa il conflitto d’interessi.

Al di là dei vari aspetti tecnici, la richiesta che arriva forte dalle due Camere è comunque quella di differire l’entrata in vigore del nuovo Codice appalti da luglio 2023 all'inizio del 2024 in modo da assicurare un congruo periodo di assestamento, nel corso del quale procedere anche con i percorsi di qualificazione delle stazioni appaltanti, la formazione del personale e la digitalizzazione del sistema.

Consulta il parere della Camera dei deputati 

Consulta il parere del Senato

Il parere dell’ANAC sul nuovo Codice appalti

Particolarmente rilevanti sono anche le osservazioni pervenute dall'Autorità Nazionale Anticorruzione. In un documento di 66 pagine rilasciato a inizo febbraio, infatti, l’ANAC ha indicato “gli ulteriori margini di miglioramento che si possono conseguire attraverso alcune puntuali proposte di modifica”, chiedendo di valutare “un differimento dei termini di applicazione di alcune disposizioni”, previo necessario accordo con la Commissione europea, visto che la riforma degli appalti è una delle milestone del PNRR.

Tra le tematiche evidenziate dall’ANAC, si cita poi quella fondamentale che riguarda la qualificazione delle stazioni appaltanti. Sul punto l’ANAC auspica che vengano “costituite, in tutto il territorio italiano, a livello regionale, provinciale o dei comuni capoluogo, degli specifici di centri di competenze, prevedendo l’assunzione di giovani tecnici ed altri esperti, in grado di affiancare e supportare soprattutto i piccoli Comuni nello svolgimento delle attività connesse all’applicazione del codice. Le risorse investite per tali assunzioni - spiega l’ANAC - sarebbero immediatamente ripagate dai notevoli risparmi che gli stessi sarebbero in grado di produrre e dalla maggiore rapidità di esecuzione delle opere e di acquisizione dei beni e servizi. Sempre a titolo di esempio, si potrebbero valorizzare quei centri di competenza già istituiti a livello regionale, per compiti ormai superati grazie alla digitalizzazione dei processi, attribuendo agli stessi il compito di valorizzare l’esperienza acquisita, offrendo servizi di consulenza e accompagnamento alle piccole e medie imprese, per favorirne la partecipazione alle gare pubbliche e, di conseguenza, la loro crescita e migliore strutturazione, oltre che aumentando il grado di concorrenza complessiva del sistema”, conclude la nota dell’Autorità.

Consulta il documento ufficiale ANAC con le osservazioni al nuovo Codice appalti

Il parere dell’ANCI sul nuovo Codice appalti

Nelle scorse settimane anche l’Associazione nazionale dei Comuni Italiani ha espresso le proprie osservazioni sul nuovo Codice appalti predisposto dal governo, definendola come la riforma PNRR “più impattante sul sistema ordinamentale di Comuni e Città Metropolitane”.

Per questo l'Associazione ha chiesto un'adeguata fase transitoria del nuovo Codice, onde evitare il rallentamento degli investimenti da parte dei principali investitori pubblici, cioè i Comuni e le Città Metropolitane cu sui si deve l’80% degli investimenti del Paese nel triennio 2018-2020.

Oltre alla questione “tempistiche”, l’ANCI porta all’attenzione diversi punti di criticità dello schema di decreto legislativo che necessitano di chiarimenti e/o modifiche. Tra le richieste:

  • chiarire e semplificare le cause di esclusione non automatica che sembrano porre in capo alle stazioni appaltanti l’onere burocratico di procedere ad un vero e proprio “processo indiziario” nonché foriere di possibili contenziosi;
  • necessità di semplificare alcuni elementi del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, prevedendo la qualificazione “di diritto” delle Città metropolitane e dei Comuni capoluogo;
  • modificare la procedura per la revisione dei prezzi in quanto rimanda ad indici ISTAT da approvare annualmente, al 30 settembre, ma d’intesa con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ciò non appare in linea con la necessità di un intervento tempestivo sul caro prezzi e porterà, inevitabilmente, ad un ritardo procedurale per coprire i maggiori oneri ovvero per usufruire di eventuali maggiori risparmi, in analogia con quanto sta accadendo oggi.

Consulta il documento ufficiale dell’ANCI con le osservazioni al nuovo Codice appalti

Il parere dell’ANCE sul nuovo Codice appalti

Per quanto concerne invece i giudizi espressi dal mondo delle imprese, si riporta il parere pervenuto dall’Associazione nazionale dei costruttori edili (ANCE), audita il 31 gennaio 2023 presso la commissione Ambiente del Senato.

Ebbene, pur condividendo alcune delle principali innovazioni presenti nel nuovo Codice, come il processo di digitalizzazione delle procedure o l'introduzione del principio dell’equilibrio contrattuale, l’ANCE chiede alcuni “essenziali correttivi al testo”.

Uno degli aspetti che più preoccupa i costruttori è il fatto che “il nuovo Codice consentirà ad un’ampia quota di appalti di non essere più sottoposti alle regole di piena pubblicità e concorrenza”, scrive infatti l’ANCR. “Il Codice - spiega infatti il documento - sta optando per rendere stabili le procedure emergenziali introdotte con il decreto Semplificazione, rendendo possibile utilizzare le procedure ordinarie solo sopra 1 milione di euro e solo se tale scelta venga accompagnata da adeguata motivazione. Si tratta però di una soglia eccessivamente elevata che rischia di azzerare il mercato e che è in contraddizione con il principio di concorrenza e trasparenza”.

“Si è preferito “tagliare” sui tempi delle procedure di gara, quando invece, com’è noto, la maggior parte dei ritardi si annida nella fase “a monte” della gara, in tutto quel labirinto di atti di autorizzazioni preventive rimasto pressoché intatto”. “Il combinato disposto di queste innovazioni - concludono i costruttori - può essere uno shock per il mercato e per gli operatori che vi operano”.

Per il resto delle osservazioni dell’ANCE al nuovo Codice appalti, si rimanda al documento ufficiale

Foto di Olya Kobruseva

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