Rapporto ICE-ISTAT: come cambia l’internazionalizzazione ai tempi del Covid

 

Ministro Luigi Di Maio, presentazione del 34° rapporto Ice-Istat: Photocredit MAECIAd oggi l’export italiano può contare su oltre 1 miliardo di euro, ma nelle prossime manovre i fondi dovranno aumentare. A dirlo, durante la presentazione del 34° rapporto ICE-ISTAT sull'internazionalizzazione, Luigi Di Maio, che annuncia anche che per fine agosto sarà online il nuovo portale unico sugli incentivi per l’export. 

Mauro Alfonso - AD SIMEST, strategie e incentivi per internazionalizzazione ed export

Era dal 2014 che un ministro della Repubblica non prendeva parte alla presentazione del rapporto annuale ICE-ISTAT sull'internazionalizzazione. Segno, certo, di una fase storica caratterizzata dal Covid - in cui l’export sarà una delle chiavi per uscire dalla crisi - ma anche del cambio di guida dell'internazionalizzazione, passata meno di un anno fa dal Ministero dello Sviluppo economico (MISE) alla Farnesina.

Export: le priorità di Di Maio 

Dopo dieci anni di crescita ininterrotta dell’export e gli ottimi risultati del 2019, quest’anno le esportazioni italiane hanno subito una brusca frenata d’arresto a causa della pandemia.

Rispetto al mese precedente, a maggio l’export ha ricominciato a crescere, ma sul futuro pesano le incognite legate ai contagi. Tuttavia davanti alla crisi, le imprese che esportano sono più forti e anche per questo il governo ha stanziato oltre 1 miliardo di euro nel Patto per l’export

Con un occhio rivolto al Ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, però, Di Maio avverte già che nelle prossime manovre economiche saranno necessari ulteriori fondi per l’internazionalizzazione, in modo da rifinanziare, tanto per citarne alcuni, il programma TEM (temporary export manager), la comunicazione e le operazioni di promozione integrata.

In attesa delle nuove risorse, intanto il Patto per l’export è già operativo. Oltre alla riforma del sistema di incentivi di SIMEST (dove manca solo il decreto interministeriale per finanziarie le operazioni anche all’interno dell’UE), infatti, è pronta anche la piattaforma per le fiere virtuali “Fiera 365” ed è stato già pubblicato il bando D-TEM per la formazione di 100 digital export manager da inserire nelle aziende italiane.

Altre azioni del Patto, invece, diventano operative a breve a cominciare dal nuovo portale unico con tutti gli strumenti per l’internazionalizzazione che, annuncia il Ministro, sarà online a fine agosto all’indirizzo export.gov.it, con l’ambizione di ospitare anche tutti gli incentivi regionali.

Entro fine settembre, inoltre, si dovrebbe concludere la più grande gara di comunicazione mai fatta per sostenere le eccellenze italiane nel mondo. 50 milioni di euro che saranno investiti su campagne personalizzate per paese, per promuovere il Made in Italy e più in generale il “vivere all’italiana”, diventando così anche uno strumento per rilanciare il turismo.

Dal 31 agosto e fino a fine settembre, infine, sarà realizzato un roadshow in ogni regione per illustrare alle imprese gli strumenti a sostegno dell'internazionalizzazione.

Altra priorità di queste settimane sono poi le fiere, su cui già nei giorni scorsi era intervenuto il titolare della Farnesina, annunciando una loro auspicata riapertura fisica per settembre e illustrando le linee d’azione per i prossimi mesi. L’ambizione è di cercare di salvare la stagione autunnale, contribuendo ad un parziale ristoro delle entrate, in modo da mettere i nostri gioielli fieristici anche al riparo da attacchi predatori da parte di altri paesi. Su questo - rassicura il ministro - ci saranno comunque aiuti per fare in modo che i bilanci delle fiere restino sostenibili, anche durante la pandemia.

Quanto ci vorrà per la ripresa dell'export?

Ci vorranno due anni per recuperare i livelli 2019 dell’export italiano. La stima è contenuta nelle pagine del rapporto illustrato dal presidente dell’ICE Carlo Ferro che, nel fare una fotografia dei mega trend in atto e a cui le aziende italiane dovranno agganciarsi (uno fra tutti l'ecommerce), illustra anche i servizi messi in campo dall’ICE.

Ma il rapporto è anche l’occasione per fare il punto sui problemi strutturali pre-Covid delle nostre esportazioni. L’obiettivo, infatti, è quello di evitare che la crisi acceleri in modo irreversibile l’aumento dei divari tra regioni, settori e imprese.

La dimensione delle imprese

Primo aspetto cruciale da affrontare per permettere al tessuto produttivo italiano di restare competitivo nel mondo è quello della dimensione troppo piccola delle nostre imprese, incluse quelle che esportano. Oltre il 50% dell’export italiano, infatti, è fatto da PMI, rispetto al 20% di Francia e Germania.

Su questo, quindi, l'obiettivo è un consolidamento delle nostre imprese e un contemporaneo intervento per aumentare anche il numero di esportatori. L’ICE ha quindi messo in piedi una serie di azioni a supporto delle PMI, inclusa la gratuità di una serie di servizi per le aziende con meno di 100 addetti e i flying desk che, da settembre, riprenderanno ad operare in persona.

ICE: per le PMI servizi gratis per l’export

Il Mezzogiorno

Altro punto caldo è poi il Sud. Il contributo delle regioni meridionali all’export nazionale, infatti, si attesta sul 10,3% export e, purtroppo, non cresce da 10 anni. La propensione all’export delle imprese del Sud è la metà di quella nazionale, nonostante alcune aree di eccellenza nel campo internazionalizzazione come l'automotive, il vino o l'aerospazio.

Un’Italia, insomma, a due velocità e che adesso la crisi da Covid rischia di dividere ulteriormente, creando un divario territoriale e sociale all’interno del Paese sempre più difficile da ricucire.

La buona notizia è che il potenziale di crescita dell’export delle aziende meridionali si attesta sui 17 miliardi di euro. Una cifra ragguardevole che l’ICE vuole contribuire a raggiungere anche grazie ad una serie di strumenti ad hoc per le imprese del Sud come il Piano export Sud, l’aumento dell'assistenza in loco e una serie di attività specifiche come la BIAT. 

L’e-commerce

Uno dei mega trend sotto gli occhi di tutti è quello dell’ecommerce, nel quale la domanda mondiale cresce del +8% e che, nel mondo post Covid, continuerà ad accelerare. Il 23% dell’e-commerce è cross border, cioè composto da esportazioni e importazioni. Una percentuale significativa, se si tiene conto che nel mondo gli acquirenti online sono oltre 1,45 miliardi di persone.

Purtroppo su questo fronte l’Italia è indietro, con un tasso di penetrazione italiano che è meno della metà rispetto alle media mondiale. Male anche le vendite B2C che in Italia sono il 20% rispetto a quelle inglese, francesi o tedesche. 

Su questo fronte, quindi, l’azione dell’ICE sta accelerando, portando sulla sigla di accordi con numerosi marketplace, in modo da assistere le imprese dalla creazione/accesso al portale, fino alla fatturazione. Se infatti a inizio 2019 gli accordi erano solo due, oggi sono saliti a 12 piattaforme e l'obiettivo entro la fine dell’anno è di arrivare a 25. Discorso analogo anche sull’offline-online (O2O) nella GDO, in modo da facilitare sempre più il passaggio fisico-virtuale dei canali di distribuzione delle imprese italiane. 

Export: per ripartire si punta su e-commerce e digital

Innovazione e startup

Infine c’è il fronte dell'innovazione, in cui l‘ICE sta facendo sistema con CDP e con il Fondo nazionale per l’innovazione.

Tra tutti, merita spazio il Global startup program, giunto oggi alla seconda edizione, permettendo a 150 startup un percorso di tre mesi di accelerazione in dieci paesi.

Il Global Startup Program dell'ICE

> Consulta il 34° Rapporto ICE-ISTAT

Photocredit: MAECI

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