Quanto vale l'industria italiana del cinema-audiovisivo

 

Confindustria Cinema L’Italia è al nono posto della classifica mondiale sulla produzione audiovisiva. E’ quanto emerge dal Rapporto sull’impatto che l’industria audiovisiva genera sull’occupazione e sulla crescita in Italia, realizzato dal Centro Studi di Confindustria per l'Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali (ANICA).

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Il contesto globale del settore audiovisivo è in rapida trasformazione, per l’affermazione sul mercato di realtà multinazionali extraeuropee che, grazie alla distribuzione digitale, stanno modificando radicalmente i paradigmi tradizionali sui quali si era fondata l’industria dell’audiovisivo.

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Anche la domanda di prodotti audiovisivi sta cambiando, trainata sempre più dai consumi delle famiglie, senza confini geografici. Questi cambiamenti, non solo tecnologici, rappresentano per l’audiovisivo italiano una sfida ma anche un’opportunità che è necessario saper cogliere.

Classifica mondiale, Italia scende nella top 10

L’Italia tra il 2006 e il 2018 ha quasi dimezzato la quota sul valore aggiunto globale del settore audiovisivo, passando dal 4 al 2,3%, passando dal 7° posto al 9° posto della classifica mondiale.

Il crollo è concentrato tra il 2010 e il 2014, in corrispondenza degli effetti della crisi che hanno ridimensionato il valore della produzione, verosimilmente incidendo maggiormente sul settore broadcasting. Dal 2014 in poi, con la ripresa del settore audiovisivo italiano, la situazione dell’Italia è andata migliorando, e dopo aver recuperato posizioni nella classifica si è stabilizzata.

In termini pro-capite il valore aggiunto prodotto dal settore audiovisivo e broadcasting in Italia è stimato nel 2018 molto distante dai corrispondenti valori registrati nelle principali economie del continente europeo. I 116 dollari prodotti nel Paese, infatti, sono un quarto di quelli prodotti lo scorso anno nel Regno Unito, e la metà circa di quelli prodotti in Germania e Francia.

Le caratteristiche delle imprese italiane

Il settore audiovisivo e broadcasting italiano in Italia è composto da quasi 8.500 imprese, con una dimensione media di 4,5 addetti.

Il dato sulla dimensione media delle imprese dell’audiovisivo e broadcasting è perfettamente in linea con la media europea e con il dato della Francia, ma inferiore a quello del Regno Unito (5,6), della Spagna (6,6) e, soprattutto, della Germania (10,6). Meno di 200 le imprese italiane del settore con 50 o più addetti.

Ciò differenzia nettamente l’audiovisivo dagli altri principali settori dell’economia italiana, a partire dal manifatturiero, dove le imprese del Paese scontano una dimensione media significativamente più ridotta rispetto agli altri paesi europei.

La produttività del lavoro nel settore audiovisivo, misurata in termini di valore aggiunto per addetto, è molto elevata in Italia: il nostro Paese, infatti, è terzo in Europa dopo Belgio e Germania e precede Paesi con un più alto valore aggiunto della produzione del settore (Regno Unito, Paesi scandinavi).

Occupazione nella filiera italiana

Nel comparto audiovisivo italiano sono occupate direttamente circa 50mila persone, per un totale di 61mila posti di lavoro. La forza lavoro del settore è caratterizzata da una maggiore presenza di donne rispetto alla media nazionale (39% vs 36% del totale occupati) e di under 50 (77% vs 73%). Quest’ultima evidenza, in particolare, è più marcata nel settore della produzione cinematografica (J59), dove un quarto degli occupati ha meno di 30 anni.

A fronte dei circa 61mila posti di lavoro esistenti nel settore audiovisivo, si stimano più di 112mila posti di lavoro ulteriori nelle filiere connesse, lavoro che esiste per soddisfare la domanda di beni e servizi proveniente dall’audiovisivo. In totale, dunque, i posti di lavoro diretti e indiretti generati sono circa 173mila.

Più di un terzo del totale dei posti di lavoro indirettamente creati dall’audiovisivo in Italia appartengono al comparto dei servizi di rete, che include, tra gli altri, il commercio, i trasporti, le telecomunicazioni, l’energia.

> Rapporto Anica Confindustria

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