Eurobarometro - italiani preoccupati per lavoro e immigrazione

 

Eurobarometro - fonte: Rappresentanza in Italia Commissione europeaDal lavoro all'immigrazione, passando per la fiducia nell'euro e nell'UE. Ecco le maggiori tendenze dell'opinione pubblica secondo l'ultimo sondaggio Eurobarometro sull'Italia presentato oggi dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea.

Bilancio UE - leader a confronto sul Quadro finanziario post 2020

Nonostante una crescita dell'ottimismo, il lavoro e l'economia, sono ancora, insieme al tema immigrazione, al centro delle preoccupazioni degli italiani. E' quanto emerge dal sondaggio Eurobarometro presentato oggi dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea a Roma. Controverso il rapporto degli italiani con l'UE: per il 57% degli intervistati Bruxelles non si occupa abbastanza degli interessi dell'Italia, ma il 61% dei partecipanti vorrebbe che più decisioni venissero prese a livello europeo, contro una media UE del 55%.

QFP post 2020 - sei consultazioni sulle priorita' dei fondi europei

Lavoro

Gli italiani sono leggermente più ottimisti sul quadro occupazionale del Paese, ma la disoccupazione resta in cima alle loro preoccupazioni.

Un numero crescente di intervistati ritiene che la situazione lavorativa in Italia migliorerà nei prossimi dodici mesi. Lo pensa il 31% del campione, in aumento rispetto al 29% registrato nell'ultimo sondaggio Eurobarometro effettuato nel maggio 2017. Il 32% si aspetta un peggioramento (stessa percentuale dell'ultimo rilevamento), mentre coloro che non prevedono cambiamenti rilevanti passano dal 35% al 31%.

I peggiori effetti della crisi economica sul mercato del lavoro sono comunque ormai superati secondo la maggioranza degli intervistati italiani. Lo dice il 49% del campione, un dato in crescita e lievemente superiore alla media UE. I pessimisti calano invece al 39%.

La lotta alla disoccupazione resta comunque per la maggioranza degli intervistati una delle principali questioni che il Paese deve affrontare. Alla domanda su quali siano le due più importanti sfide per l'Italia al momento, il 42% del campione cita la disoccupazione, una percentuale superiore alle altre maggiori preoccupazioni su immigrazione ed economia, anche se è in netto calo rispetto al 49% registrato precedentemente.

L'83% degli italiani continua a lamentarsi del contesto occupazionale del Paese, anche se il dato è in flessione rispetto al precedente 89%. Le opinioni generalmente critiche sul lavoro in Italia contrastano con i giudizi espressi sulla situazione lavorativa personale. La maggioranza degli intervistati (54%) mostra infatti soddisfazione per la propria condizione professionale. In Europa i soddisfatti sono il 61%.

Tra il campione italiano sono soprattutto gli uomini (59%) ad avere opinioni positive sulla situazione lavorativa personale, rispetto alle donne (51%). I soddisfatti sono più numerosi nella fascia di età tra i 45 e i 54 anni (65%), e superano il 60% anche tra i lavoratori tra i 25 e 44 anni. Meno i soddisfatti tra i più giovani (45%) e tra coloro senza titoli di studio (36%). In Sicilia e Sardegna prevalgono gli insoddisfatti, in contrasto con il resto del Paese.

Euro ed economia

I giudizi degli italiani sulla situazione economica del Paese riflettono le opinioni espresse in materia di lavoro. L'80% critica il contesto attuale, ma la percentuale è in calo dal precedente 86%, mentre guardando al futuro gli ottimisti prevalgono sui pessimisti.

Il 31% del campione pensa che l'economia nazionale migliorerà nei prossimi dodici mesi, a fronte di un 29% di pessimisti e un 34% che non prevede cambiamenti. Nell'ultimo rilevamento gli ottimisti erano in minoranza. Il livello di ottimismo degli italiani è superiore alla media UE (27%) ed è tra i più elevati tra i paesi membri.

Gli italiani esprimono previsioni ampiamente più positive sull'economia nazionale rispetto ai tedeschi, che vengono da anni di forte crescita (21% ottimisti e 14% pessimisti), o ai britannici, che devono far fronte alle conseguenze economiche del Brexit (39% pessimisti e 22% ottimisti).

Resta sostanzialmente stabile la maggioranza degli intervistati italiani che esprime opinioni positive sull'euro. Il 59% si dice favorevole alla moneta comune europea, in crescita dal precedente 58%, mentre i critici calano dal 32% al 30%. Tra il campione UE, i favorevoli alla moneta unica sono il 61% e i critici il 33%. I giudizi positivi balzano al 74% tra gli intervistati dei 19 Paesi della zona euro, mentre si fermano al 36% nei Paesi UE che non hanno adottato la moneta unica.

Un'ampia maggioranza del campione italiano (70%) ritiene che non si possano più rimandare misure per ridurre il debito pubblico del Paese. Allo stesso tempo, il 61% degli intervistati si dice favorevole all'uso di risorse pubbliche per stimolare investimenti privati a livello UE. La misura trova il sostegno del 57% del campione UE che in netta maggioranza (65%) è anche d'accordo con l'idea che il settore privato sia più capace di creare lavori rispetto allo stato. In Italia, il 50% degli intervistati condivide questa linea, a fronte di un 37% di scettici.

Gli italiani restano inoltre favorevoli a una tassa sulle transazioni finanziarie a livello UE, anche se il sostegno scende al 52% dal precedente 66%, in linea con la tendenza UE. L'introduzione di eurobonds è ben vista da una maggioranza più risicata del 45% degli italiani e del 36% degli europei.

Immigrazione e frontiere

L'immigrazione resta una delle sfide più importanti per l'Italia in questo momento. Il 33% del campione pone la questione in testa alle priorità nazionali, una percentuale inferiore solo a quella registrata per la disoccupazione, ma ben superiore ad altre fonti di preoccupazione, come l'economia, le tasse, le pensioni, il terrorismo o l'inflazione.

Nel Paese si rafforza il sostegno per una politica europea sull'immigrazione, invocata ora dal 70% degli intervistati, in aumento rispetto al precedente 67%, in linea con la tendenza UE dove i favorevoli aumentano al 69%. Gli italiani richiedono in particolare nuove misure di contrasto all'immigrazione irregolare da paesi extra-UE, una posizione condivisa dall'88% del campione, in leggero calo dal precedente 91%.

La maggioranza relativa (48%) ritiene giusto che l'Italia aiuti i rifugiati, anche se una folta minoranza (44%) è contraria a questa forma di migrazione regolare dettata da motivi umanitari. In media nell'UE il 67% è favorevole ad aiutare i rifugiati, con percentuali di sostegno quasi ovunque superiori a quelle registrate in Italia, incluso in Polonia (57%), dove il Governo è contrario alla politica UE sui richiedenti asilo.

Il divario tra il campione UE e quello italiano nel sostegno alla politica di asilo in parte può essere spiegato dalla percezione che gli immigrati non giovino o contribuiscano poco al Paese, che è prevalente in Italia (55%), mentre è minoritaria nell'UE. Inoltre il 59% degli intervistati italiani esprime un'opinione negativa sull'immigrazione di cittadini extracomunitari, in questo caso in linea con la media continentale anche se i critici nell'UE si fermano al 54%.

Molti meno italiani sono critici (43%) nei confronti degli immigrati da altri paesi UE che suscitano invece reazioni positive nella maggioranza relativa del campione (49%), ben al di sotto però della media comunitaria (64%). La libertà di movimento di persone, beni e servizi all'interno dell'UE è d'altronde considerata il principale risultato dell'UE dalla maggior parte degli italiani, che sono anche favorevoli (55%) al diritto di residenza e lavoro per i cittadini UE in qualunque stato membro dell'Unione.

Il rapporto con l'UE

La maggioranza relativa degli italiani dichiara che il Paese potrebbe avere un futuro migliore se uscisse dall'Unione Europea. Lo pensa il 46% del campione, mentre il 43% è dell'opinione opposta. Nell'ultimo rilevamento di maggio coloro che guardavano con favore a un ipotetico futuro italiano fuori dall'UE erano in minoranza. Tra il campione UE, la netta maggioranza (60%) non vede benefici da un futuro fuori dall'UE per il proprio paese.

Soltanto in Gran Bretagna, i cui cittadini hanno votato per l'uscita dall'UE nel 2016, prevale (49%) come in Italia l'idea di un futuro migliore al di fuori dell'UE. Negli altri paesi membri, l'appartenenza all'UE è l'opzione preferita, spesso con percentuali schiaccianti.

Lo scetticismo degli italiani può in parte essere dovuto alla diffusa percezione che gli interessi del Paese non siano presi in sufficiente considerazione a Bruxelles. Lo pensa il 57% degli intervistati, anche se la percentuale è in calo dal precedente 62%. Il 59% del campione italiano inoltre definisce "distante" l'Unione Europea e una maggioranza relativa del 49% dice di non comprenderne il funzionamento.

Allo scetticismo fa però da contraltare un generale ottimismo sul futuro dell'UE e il condiviso auspicio di un suo rafforzamento. Il 61% degli italiani vorrebbe infatti che più decisioni venissero prese a livello europeo, una percentuale superiore alla media UE (55%). Inoltre la maggioranza relativa (48%) del campione italiano invoca rapidi progressi nel processo di costruzione dell'Unione Europea, mentre tra gli intervistati UE il 51% preferisce una velocità "moderata" nel processo di integrazione.

Il 50% degli intervistati italiani si dice inoltre ottimista sul futuro dell'UE, un dato in lieve aumento a fronte del calo dei pessimisti dal 42% al 40%. La maggioranza relativa (37%) dichiara di avere un'idea sostanzialmente positiva dell'Unione Europea, anche se la maggior parte del campione (49%) avverte che al momento le cose non vanno per il verso giusto nell'UE, in linea con il prevalente scetticismo sulla situazione nazionale (64%).

Più italiani che europei

Quasi tutti gli intervistati (91%) dichiarano di sentirsi più italiani che europei, sostanzialmente in linea con le opinioni espresse dal campione UE. In Italia, però, la maggioranza (52%) dice anche di non provare un senso di "attaccamento" all'Unione Europea, in controtendenza con il 55% di intervistati UE che invece si sentono legati all'UE.

Prevale invece largamente tra gli italiani l'attaccamento all'Italia e alla città di provenienza, un'opinione espressa dal 92% del campione. In questo caso la tendenza nazionale coincide con quella continentale.

Il forte senso di identità nazionale non impedisce comunque alla maggioranza degli italiani di sentirsi cittadini dell'Unione Europea. Il 54% del campione riconosce la propria cittadinanza UE, una percentuale sostanzialmente stabile rispetto al precedente 53%, anche se inferiore alla media continentale del 70%. E tuttavia, il 59% ammette di non conoscere i propri diritti in quanto cittadino europeo. Il 67% vorrebbe saperne di più.

Gli italiani sono inoltre d'accordo con l'esposizione della bandiera europea in tutti gli edifici pubblici insieme a quella nazionale. Lo dice il 57% del campione, anche se la percentuale è in flessione dal precedente 65%. I contrari aumentano dal 22% al 29%. Tra il campione UE, i favorevoli sono in crescita dal 53% al 55%.

Il 54% degli intervistati italiani dichiara di identificarsi con la bandiera europea a dodici stelle, a fronte di una media UE del 56%. Il 72% dice che è un buon simbolo per l'UE e un altro 65% concorda con l'idea che la bandiera rappresenti qualcosa di positivo.

Il campione ritiene inoltre che gli stati dell'Unione Europea siano accomunati dalla condivisione degli stessi valori. E' un opinione espressa dal 52% degli intervistati italiani e UE. Per gli italiani, valori, cultura e storia comune sono ciò che crea un senso di appartenenza alla comunità europea, più di altri fattori come l'economia, la geografia o lo stato di diritto.

Globalizzazione e allargamento

Gli italiani tornano a vedere nella globalizzazione un'opportunità più che un pericolo. La maggioranza relativa (44%) esprime un giudizio complessivamente favorevole sul fenomeno globale, un cambio di tendenza rispetto all'ultimo rilevamento quando invece la maggior parte del campione si mostrava critico. Il 51% si dice d'accordo con l'idea che la globalizzazione possa facilitare la crescita economica.

Il 63% degli intervistati italiani dice inoltre di guardare con favore al libero scambio, contro appena il 26% di scettici. Allo stesso tempo, il concetto di protezionismo suscita ora opinioni prevalentemente negative (43%), mentre nel precedente rilevamento il termine attirava la maggioranza dei consensi.

L'Unione Europea dispone di strumenti e poteri adeguati per difendere gli interessi europei nell'economia globale, secondo una crescente maggioranza degli intervistati italiani (63%) ed UE (65%). In termini più generali, il 58% del campione italiano e il 72% di quello europeo ritiene che la voce dell'UE conti a livello globale. A questo contribuisce anche la politica comune europea in materia di affari esteri e difesa. Italiani ed europei si confermano forti sostenitori di entrambe le politiche comunitarie. La difesa comune trova il sostegno del 67% del campione italiano e del 75% di quello UE. L'idea di una politica estera congiunta dei 28 paesi UE è appoggiata dal 64% degli intervistati italiani e dal 66% di quelli europei.

L'ulteriore allargamento dell'Unione Europea ad altri paesi in futuro suscita invece molti meno consensi. La maggioranza di italiani (45%) ed europei (47%) sono infatti contrari, anche se i favorevoli aumentano, rispettivamente al 40% e 42%. Tra i paesi che aspirano ad aderire all'Unione, tutti registrano forti livelli di sostegno alla membership UE, in particolare in Albania (88%) e nell'Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (59%). In Turchia i favorevoli all'adesione UE aumentano dal 41% al 47%, in Serbia dal 38% al 43%, e in Montenegro restano stabili al 43%.

Fiducia nell'UE

La fiducia degli italiani nell'Unione Europea è in flessione. Il 52% tende a non fidarsi, un dato in aumento dal 48% dell'ultimo sondaggio. Coloro che esprimono fiducia calano dal 36% al 34%. Nel campione UE gli scettici sono il 48%, mentre il 41% dice di fidarsi.

In Italia, la fiducia nell'UE cala con l'età e cresce con i titoli di studio. I picchi di fiducia si raggiungono tra gli studenti e i giovani di età compresa tra i 15 e 34 anni, categorie dove gli ottimisti prevalgono con percentuali tra il 43% e il 53%. Con il passare degli anni aumenta invece la diffidenza verso l'UE. Solo il 9% degli over-75 dice di fidarsi. Il livello di istruzione accresce la fiducia nell'UE. Tra chi ha studiato almeno fino ai venti anni, il 44% dichiara di fidarsi (a fronte del 51% di scettici). Tra coloro senza titoli di studio, la fiducia crolla al 19%..

Nessuna delle istituzioni comunitarie ottiene la fiducia della maggioranza degli italiani. Il Parlamento europeo è l'istituzione che gode del maggiore livello di approvazione, che si ferma però al 42%, mentre i diffidenti sono il 43%. Dice di fidarsi della Commissione Europea il 39% del campione italiano a fronte del 43% di scettici. La Banca Centrale Europea suscita la fiducia del 35% degli intervistati, ma il 47% se ne fida poco.

Seppur non godano di grande fiducia, le istituzioni europee sono comunque considerate molto più affidabili di quelle nazionali. Il 78% degli italiani tende a non fidarsi del Governo. Il 74% ha poca fiducia nel Parlamento. I partiti politici sono quasi unanimemente (83%) ritenuti poco affidabili. La netta maggioranza tende a non fidarsi neanche della pubblica amministrazione (72%), delle autorità locali e regionali (71%) e della giustizia (59%), mentre suscitano la fiducia del 62% degli intervistati sia l'esercito che la polizia.

Media

Il 61% degli intervistati italiani dice di non essere sufficientemente informato sugli affari politici europei, ma la percentuale è in flessione rispetto al 69% registrato nell'ultimo rilevamento del novembre 2016. Tra il campione europeo, il 57% dice di essere poco informato sulle politiche comunitarie, in calo dal 60%.

La televisione resta ampiamente la prima fonte di informazione sulla politica nazionale ed europea per italiani ed europei. Oltre i due terzi degli italiani dicono di informarsi attraverso la TV. Intorno al 40% legge anche i giornali, mentre superano il 30% coloro che dichiarano di informarsi anche via Internet.

Un quinto degli italiani (21%) dice di non cercare notizie sull'attualità politica europea, una percentuale sostanzialmente stabile rispetto al precedente 22%, ma quasi il doppio della media UE (11%). Desta molto più interesse la politica nazionale, riguardo alla quale soltanto il 10% degli italiani dice di non informarsi attivamente, in calo dal 14% dell'ultimo sondaggio.

Sono il 62% del totale gli italiani che ritengono i social media, come Facebook o Twitter, un modo moderno per tenersi informati sulla politica, una percentuale superiore alla media UE (57%), e ben al di sopra di quanto registrato in Germania (46%) o in Francia (50%).

E tuttavia prevale la prudenza sulla qualità delle informazioni che circolano sui social media. Il 44% degli italiani dice di non fidarsi delle notizie politiche che legge sulle reti sociali online, una percentuale in leggero aumento dal precedente 42%. Dice invece di fidarsi il 31%, anche in questo caso in crescita dal 28% registrato nell'ultimo sondaggio. Tra gli europei la fiducia nei social media si ferma al 25%, mentre lo scetticismo prevale nel 53% dei casi.

In generale, gli italiani tendono a fidarsi soprattutto della televisione (53%) e della radio (51%). La carta stampata gode della fiducia del 48% degli intervistati, a fronte di un 44% di scettici. Internet è giudicato affidabile dal 43% del campione, mentre il 40% tende a non fidarsene.

> Eurobarometro Italia

Per continuare a leggere gli articoli inserisci la tua...
o

Questo sito web utilizza i cookie! Acconsenti ai nostri cookie, se continui ad utilizzare questo sito web.