Incentivi: dai click day ai riparti, e del doman non v'è certezza

 

Click dayAnche volendo c'è poco da essere lieti, perché le nuove modalità previste nel voucher digitalizzazione e nel bonus pubblicità - incentivi a “larga diffusione” nazionale - pur di accontentare tutti, non danno alcuna sicurezza sull'entità degli aiuti che le aziende possono ottenere.

Per il bonus pubblicità non è stato ancora pubblicato il decreto attuativo, ma il Dipartimento per l’editoria ha fornito in anteprima gli elementi principali; già definitive, invece, le istruzioni per il voucher digitalizzazione, le cui domande si presenteranno a gennaio.

Per entrambi è previsto che l’attribuzione delle risorse non avverrà in base all’ordine cronologico delle richieste, ma che tutte verranno soddisfatte in percentuale ridotta proporzionalmente qualora non dovessero bastare le risorse stanziate.

In linea generale, i click day non hanno mai garantito pari condizioni di accesso agli incentivi, perché è risaputo che ci sono soggetti collegati a Internet meglio di altri e che quindi hanno maggiori probabilità di arrivare prima nella prenotazione delle risorse.

Per sanare questa disparità di trattamento si sceglie però una strada che aumenta l’indeterminazione degli aiuti, obbligando chi effettua - il bonus pubblicità è applicabile da luglio 2017 - e programma investimenti a vivere nell’incertezza del riparto successivo al termine di chiusura della presentazione delle domande.

La strada presa non aiuta l’economia. Investimento è sinonimo di pianificazione finanziaria e fiscale e se davvero si vuole stimolarne la crescita bisogna mettere in condizione gli imprenditori di lavorare in maniera seria, non di giocare alla roulette, anche quando si tratta di piccoli importi.

Oltre alla misura devono essere certi i tempi. Sembra ovvio, ma non per l’Italia, e da troppo tempo ormai. L'apice dell'incertezza temporale fu toccata con Industria 2015. Con il voucher digitale ci sono voluti quasi 3 anni per trovare le risorse finanziarie. In 3 anni sono esplose criptovalute e intelligenza artificiale, chi voleva un sito di e-commerce probabilmente ha già provveduto. Chi lo deve ancora fare - se non è fuori dal mercato - si deve scontrare con concorrenti che ormai investono milioni di euro ogni anno in tecnologia web. Un voucher di qualche migliaio di euro non farà certo la differenza per creare vera innovazione nel nostro paese.

In ambito digitale sarebbe stato più utile agevolare forme specifiche di digitalizzazione, quali ad esempio i pagamenti elettronici, che potrebbero contribuire a ridurre l’evasione fiscale e quindi magari - un domani - consentire anche una riduzione delle tasse.

In Cina già da tempo hanno una sorta di Whatsapp che permette di effettuare micropagamenti oltre che conversare con gli amici. In Europa una recente ricerca della BCE attesta purtroppo che il 78% dei pagamenti avviene ancora in cash e in Italia la percentuale sale addirittura all'86%.

Gli incentivi non sono provvedimenti (riforme) strutturali ma ciò non di meno non possono essere una tantum. Vanno progettati per ottenere un vero cambiamento, non una mera concessione di regalie.

Meglio quindi - in caso di scarsa copertura finanziaria - strumenti mirati ad un ben delimitato e circoscritto ambito di beneficiari e di investimenti perché maggiormente efficaci e misurabili, piuttosto che “interventi a pioggia”.

Purtroppo questo approccio, nonostante anni di esperienze negative e scarsi risultati, non viene ancora compreso, tantomeno usato. Né si comprende che pure i ritorni politici di siffatti provvedimenti sono tutt’altro che positivi, anzi fanno perdere elettori.

Da punto di vista tecnico, poi, a nulla sembrano siano serviti gli esempi delle valutazioni di condizionalità ex ante e i performance framework introdotti dai regolamenti europei per migliorare l’efficacia nella spesa dei fondi pubblici.

Quando pure si prova a essere specifici, ad esempio con la creazione di riserve di fondi da attribuire a favore di determinate categorie, come le imprese dotate di rating di legalità che chiedono il voucher digitalizzazione, il Ministero rischia di vedersi dichiarare illegittima questa previsione. Tale rating è infatti concesso solo alle aziende con un certo fatturato, discriminando di fatto quelle di minori dimensioni che, salvo prova contraria, si deve presumere svolgano altrettanto legalmente le loro attività.

L’unica certezza in Italia riguarda la molteplicità di interventi e la propensione a creare sempre nuovi strumenti e fondi. Nell’ultima legge di bilancio è infatti previsto un Fondo per Industria 4.0.

Qualche anno fa il ministro Passera varò una riforma degli incentivi alle imprese costituendo il Fondo Crescita Sostenibile, con l’obiettivo di avere un solo strumento per incentivare l’innovazione, la competitività e la produttività delle aziende italiane.

Questo fondo prevede un ampio ventaglio di interventi, di modalità attuative e di tipologie di aiuto. Con una gara travagliata e tempi non brevi fu scelto un soggetto gestore dello strumento e furono varati i decreti attuativi e i bandi.

Cosa debba ora finanziare il Fondo Industria 4.0 per il capitale immateriale, la competitività e la produttività di così diverso o di non previsto dal Fondo Crescita Sostenibile non è francamente dato saperlo.

Anche ci fosse stata qualche dimenticanza sarebbe stato molto più semplice e rapido aggiungere e modificare il FCS piuttosto che creare un nuovo strumento. Di questo ne siamo certi tutti (o quasi).

Photo credit: Photo by Vojtech Okenka from Pexels

Per continuare a leggere gli articoli inserisci la tua...
o

Questo sito web utilizza i cookie! Acconsenti ai nostri cookie, se continui ad utilizzare questo sito web.