Cosa non funziona negli incentivi italiani alle auto elettriche?

Incentivi auto elettriche - Foto di InstaWalliIncentivi sbilanciati più sulle auto tradizionali che su quelle a basse emissioni e incertezza normativa fanno crollare le auto elettriche in Italia. Eppure il settore nei prossimi dieci anni è destinato ad esplodere in Europa per via delle nuove regole adottate da Bruxelles sullo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035. Con la legge di bilancio 2023 l’Italia avrà nuovi bonus auto? E gli incentivi basteranno a far ripartire il settore?

Stop alle auto benzina e diesel dal 2035

I primi sei mesi dell’anno hanno visto precipitare la vendita di auto elettriche in Italia: durante il primo semestre 2022 le BEV, acronimo di Battery Electric Vehicle (quindi le elettriche pure) sono crollate del 17,6% in Italia. Al contrario, nell’Unione Europea il settore ha registrato una crescita di quasi il 30%.

Un trend, quello italiano, che sembra essere peggiorato col finire dell’estate, arrivando a un calo di vendite dell’elettrico del 40% a settembre. Dati legati a doppio filo al sistema degli incentivi auto, più sbilanciato sulle auto tradizionali che sui veicoli elettrici. 

“Di norma la fiscalità applicata al settore auto dovrebbe imporre costi maggiori a chi inquina di più. In Italia, tuttavia, sembra essere in vigore il principio inverso”. Un paradosso messo in risalto da un’analisi di Transport & Environment (organizzazione no-profit e politicamente indipendente con sede a Bruxelles) che mette a confronto il trattamento fiscale del settore auto di 31 Stati. Confronto da cui l’Italia non esce bene.

Gli incentivi auto in Italia funzionano?

Secondo i dati T&E no. “Il sistema di tassazione italiano è sostanzialmente slegato da ogni politica di riduzione delle emissioni di CO2, per lo meno nel confronto con i principali Stati europei”, si legge nel rapporto. Ma non basta.

Le tasse italiane non seguono neppure un criterio di equità poiché non penalizzano abbastanza le auto di nuova immatricolazione maggiormente emissive, che sono anche le più costose e sono tipicamente l’opzione di acquisto delle fasce più abbienti della popolazione”.

L’organizzazione fa anche degli esempi concreti. 

Un chiaro esempio di fiscalità italiana che non sostiene l’elettrificazione è la tassa di immatricolazione, che nella maggior parte dei Paesi europei è legata al potenziale emissivo di gas serra. 

Si prenda il caso francese: gli acquirenti d’oltralpe che intendono comprare un’auto che rilascia oltre 200 gCO2/km arrivano a pagare allo Stato fino a 40mila euro di imposte. In Italia la tassa corrispondente è invece scollegata dalle emissioni del veicolo.

Situazione anche peggiore se si guarda agli incentivi alle auto elettriche.

Sugli incentivi all’acquisto, l’Italia rappresenta un’eccezione ancor più negativa. Oltre a offrire, nel confronto con le altre nazioni, un sostegno economico modesto agli acquirenti di veicoli elettrici a batteria (BEV), il nostro è praticamente l’unico Paese in Europa a prevedere incentivi per l’acquisto di automezzi con emissioni fino a 135 gCO2/km. Si tratta, in altre parole, di quegli stessi veicoli che in Francia vengono tassati all’acquisto perché inquinanti.  

Quello che nella nazione transalpina è considerato un malus dal punto di vista ambientale, in Italia viene addirittura incentivato. E anche questa, a ben vedere, è una delle ragioni che spiega il calo di vendite di auto elettriche registrato nel 2022”.

Transport & Environment non è la prima organizzazione a denunciare il malfunzionamento degli incentivi italiani alle auto elettriche. In questa intervista di inizio agosto Francesco Naso, segretario generale di MOTUS-E (associazione che raggruppa tutti gli stakeholders della mobilità elettrica), spiegava perché gli incentivi non stanno funzionando e di cosa avrebbe bisogno l’auto elettrica per accelerare in Italia. 

Più di recente un gruppo di associazioni ambientaliste - tra cui figura anche Transport & Environment insieme a Legambiente, WWF Italia, Greenpeace Italia, Kyoto Club, Cittadini per l’aria - ha fatto ricorso al TAR contro il bonus auto e puntato il dito sugli incentivi ai motori a combustione.

La legge di bilancio 2023 potrebbe cambiare gli incentivi auto?

Le regole d’ingaggio dell’attuale bonus auto potrebbero rimanere invariate senza un intervento dei legislatori. Ricordiamo infatti che le regole di accesso agli incentivi per acquistare auto lettriche, ibride e a basse emissioni sono fissate dal decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 6 aprile 2022, che ha stanziato quasi 2 miliardi per i bonus auto e moto 2022, mettendo a disposizione risorse non solo per il 2022 ma anche per gli anni successivi. 

I fondi 2022 si sono esauriti nel giro di pochissimi giorni per alcune categorie di auto, quelle della fascia di emissioni 61-135 g/km di CO2, per intenderci le auto dai prezzi più abbordabili ma anche più inquinanti rispetto alle altre categorie (elettriche e ibride) oggetto degli aiuti. Nel corso dell'estate 2022 la normativa è stata aggiornata con un restyling degli incentivi auto, che prevede l’innalzamento dei contributi per chi ha redditi inferiori a 30mila euro e l'apertura (con qualche vincolo) alle auto a noleggio. 

Bonus auto: come funzionano gli incentivi 2022

C’è da capire se la legge di bilancio 2023 cambierà le carte in tavola. Ci sarebbe da aspettarselo anche alla luce del nuovo corso intrapreso nel frattempo dall’Europa con lo stop alle auto diesel e benzina dal 2035 e dell’atteso boom del mercato delle auto elettriche nel Vecchio Continente.

“Con la legge di Bilancio 2023 è arrivato il momento per i legislatori Italiani di adeguare il sistema nazionale agli standard europei. La tassazione va collegata sia alle emissioni che al prezzo del veicolo, con una fiscalità adeguata al processo di transizione verso una mobilità sostenibile, accessibile e sicura per tutti”, dichiara Elena Lake, Electric Fleet National Lead di Transport & Environment.

Foto di InstaWalli

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