Regioni al Governo Meloni: accelerare sui fondi europei e nazionali della Coesione

Photo credit: Foto di Tumisu da Pixabay L'interlocuzione tra le regioni e il nuovo Esecutivo inizia con una serie di proposte strategiche sui prossimi provvedimenti legislativi, a cominciare dalla manovra 2023, e su alcune politiche chiave per lo sviluppo del Paese. Tra queste la Politica di Coesione, che vede impegnate le Regioni nella chiusura del ciclo 2014-20 dei fondi europei e del Fondo sviluppo e Coesione e nell'avvio alla programmazione UE e FSC 2021-27.

A che punto è la spesa dei fondi europei 2014-2020?

Il documento in questione si intitola "Proposte strategiche delle Regioni e delle Province autonome per i prossimi provvedimenti legislativi della nuova legislatura e sulla legge di bilancio dello Stato 2023-2025" e contiene al suo interno una sezione dedicata alla programmazione dei fondi europei e del Fondo sviluppo e coesione, che passa in rassegna tutti i principali nodi aperti in materia di Politica di Coesione UE e nazionale con riferimento sia al ciclo 2014-2020 che al settennato 2021-2027.

Le proposte delle Regioni sui fondi europei e nazionali della Politica di Coesione

La prima proposta della Conferenza delle Regioni è quella di avviare un processo di revisione della Politica Unitaria di Coesione, per aumentare l'efficienza della spesa ed evitare il disimpegno dei fondi europei del ciclo 2014-2020, che devono essere spesi entro la fine del 2023, e porre le condizioni per la piena attuazione del ciclo 2021-2027.

Parallelamente alla chiusura della programmazione 14-20, che già sconta notevoli ritardi, le amministrazioni devono infatti avviare i Programmi operativi dell'Accordo di partenariato 2021-27, che vale in tutto circa 75 miliardi tra fondi UE e cofinanziamento nazionale, e programmare e impegnare gli oltre 73 miliardi del Fondo sviluppo e coesione.

Il riparto del FSC 21-27 è, non a caso, la seconda priorità indicata dalla Conferenza delle Regioni, che chiede di “non disperdere la possibilità di agire sulle linee di investimento che possono risultare strategiche a livello nazionale e complementari alla reale efficacia degli investimenti in questa fase di definizione e avvio del ciclo di programmazione 2021-2027” dei fondi UE.

Da completare con urgenza anche le istruttorie e le riprogrammazioni dei POC, i Programmi operativi complementari ai PON e ai POR, che nel ciclo 14-2020 valgono oltre 12,2 miliardi a carico del Fondo di Rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987.

Il decreto Rilancio n. 34 del 2020 ha infatti stabilito che le risorse rimborsate dall’Unione europea, a seguito della rendicontazione delle spese emergenziali collegate al Covid e già anticipate a carico del bilancio dello Stato, sono riassegnate alle stesse amministrazioni che abbiano proceduto alla relativa rendicontazione sui propri Programmi operativi dei Fondi UE per essere destinate alla realizzazione di Programmi operativi complementari, vigenti o da adottarsi. A questi POC vanno, sempre in base al dl 34-2020, anche le risorse a carico del Fondo di rotazione rese disponibili per effetto dell’applicazione del cofinanziamento totale UE dei PON e dei POR previsto nell'ambito della Coronavirus response investment initiative (CRII) e dell'iniziativa CRII Plus.

“Le iniziative di riprogrammazione – denunciano però le Regioni - sono rimaste per la gran parte inattuate o non completate, a causa della difficoltà di rendicontare nell’ambito dei Programmi cofinanziati dai fondi SIE (in particolare dal FESR) la spesa sostenuta in emergenza dai soggetti centrali competenti e di consentirne il controllo e la certificazione in conformità con i regolamenti”.

Una serie di proposte guardano poi al miglioramento della capacità di spesa delle amministrazioni titolari dei fondi e alla semplificazione delle procedure. Tra queste la richiesta di adottare azioni ad impatto immediato sia di capacitazione delle amministrazioni che attuano la Politica Unitaria di Coesione, in linea con la richiesta della Commissione europea di un “ampliamento selettivo e pianificato degli organici tecnico-amministrativi”, che sul fronte della semplificazione delle procedure finanziarie e contabili.

Ma a limitare la spesa non sono solo i limiti amministrativi: per accelerare la chiusura dell'attuale ciclo di programmazione dei fondi europei 2014-2020 le Regioni hanno bisogno di sbloccare anche le risorse a titolo di cofinanziamento. Per contenere l’impatto dell'operazione sui bilanci regionali, la richiesta è quella di poter utilizzare le risorse FSC non spese dei Piani di sviluppo e coesione 2014-20 ed anche di attingere al futuro riparto del Fondo sviluppo e coesione 2021-27.

Quanto ai Piani di sviluppo e coesione nazionali, le Regioni chiedono che ogni amministrazione centrale titolare di un PSC individui uno specifico ambito di intervento dedicato alle azioni per la riduzione degli svantaggi dell’insularità.

Infine, maggiori sforzi dovrebbero essere dedicati nell'ambito della Politica di Coesione alla riduzione del divario infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del paese, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 15 del decreto Infrastrutture. Il DL 121/2021, convertito nella legge n. 156-2021, ha infatti affidato al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili il compito di effettuare una ricognizione delle strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche e delle infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, idriche, cui dovrebbe seguire un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con i criteri di priorità e le azioni da perseguire per il recupero dell'attuale divario infrastrutturale e di sviluppo.

Per approfondire: Cosa prevede il decreto Infrastrutture

Consulta il documento con le proposte della Conferenza delle Regioni al Governo

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